MESSINA. Venivano illuse con la promessa di trovare lavoro, una volta superato il viaggio e sbarcate in Europa. Ma, per essere del tutto ubbidienti, erano prima completamente assoggettate con riti tribali di magia nera. L’operazione “Balance” con l’arresto questa notte di quattro persone a Messina ha sgominato il frammento messinese di una cellula transnazionale che operava dal 2015 fra Nigeria, Libia e Italia, dedita all’organizzazione di viaggi dall’Africa all’Italia di giovani minorenni che venivano avviate alla prostituzione.

Tutto nasce dalla segnalazione di una operatrice di un centro di accoglienza per minori messinese, insospettita dall’atteggiamento di una donna, Monica Onaigfoghe di 20 anni, attualmente ricercata che, fingendosi minorenne, aveva dei movimenti sospetti. Spesso tornava nel centro, infatti, agghindata con abiti griffati o con regali costosi la cui provenienza era sconosciuta. L’attività investigativa, avviata dopo la segnalazione, ha così messo in luce che dalla Nigeria alcune ragazze minorenni, che non potevano pagare il viaggio, erano seguite fino all’Italia con la promessa che, lì, trovando un lavoro, avrebbero provveduto a “bilanciare” – da qui il nome dell’operazione – il prestito che era stato loro fatto.

Ma in realtà, dietro questa apparente magnanimità, si nascondeva una associazione che plagiava le minorenni per avviarle, poi, alla prostituzione. L’arrivo delle ragazze in Italia era, infatti, gestito dalla coppia di coniugi Ihama Rita di 38 anni e Imarhaghe Monday di 32 anni, finiti in carcere questa notte, che sapevano,  dopo lo smistamento nei centri di accoglienza, dove finivano le giovani vittime. Per rintracciare le migranti la coppia si è servita anche dell’aiuto del messinese Giovanni Buscemi di 62 anni, finito in manette durante l’operazione per aver collaborato con l’associazione criminale in cambio di denaro e favori sessuali. Quest’ultimo, facente parte di una organizzazione di volontariato, informava i coniugi sui movimenti delle navi e in quali centri venivano ubicate le migranti, consentendo ai due di intercettarle subito dopo lo sbarco.

Le ragazze, istruite già in territorio africano, sapevano che, una volta arrivate in Italia, avrebbero dovuto chiamare “mama Rita”, il cui numero di telefono veniva adeguatamente fornito loro prima che sbarcassero in Italia. Se questa procedura veniva disattesa da una delle vittime, ecco che le ragazze erano avvicinate da Monica, la donna ricercata, il cui ruolo era, appunto, quello di sollecitare le minorenni a mettersi in contatto con Rita. Rita era la maîtresse che avviava definitivamente le minorenni al mondo della prostituzione.  Accanto a lei, il marito, portava avanti anche uno scambio di sostanze stupefacenti con l’Africa che gli erano già costati i domiciliari a Firenze dove era stato trovato con 1,2 kg di eroina nascosta sotto forma di ovuli.

L’organizzazione criminale transnazionale con base in Nigeria, quindi, vede il coinvolgimento di molte altre persone residenti fra la Nigeria e la Libia, di cui il frammento messinese sgominato nella notte non è che una piccola parte. Ciascun associato ha un ruolo specifico in tutta la macchina internazionale di prostituzione. In Nigeria, infatti, un “pushman”, deputato all’organizzazione del barcone, gestisce il collegamento con la cellula italiana che, avvisata dal contatto in patria, sapeva volta per volta che le minorenni erano partite. Sono almeno quindici le vittime che l’associazione ha gestito operando dal 2015 al 2017.

Il quinto arrestato durante l’operazione, un altro nigeriano, non ha a suo carico le stesse imputazioni degli altri quattro, accusati di sfruttamento della prostituzione minorile, riduzione in schiavitù e tratta di persone.

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