MESSINA. MessinaServizi Bene Comune va messa in liquidazione, e le sue quote azionarie poste in vendita. Si conclude così, dopo poco più di un anno di vita, la storia della partecipate che avrebbe dovuto far dimenticare i disastrosi vent’anni di Messinambiente nella gestione dei rifiuti a Messina, e che invece da Messinambiente è stata trascinata nel baratro dopo il fallimento.
A sentenziarlo, in un parere richiesto dal sindaco Cateno De Luca, è il segretario generale del comune di Messina Rossana Carrubba, in città solo da qualche settimana, e subito alle prese, senza nemmeno un periodo di rodaggio, con delle gatte da pelare mica da ridere, tra piano di riequilibrio e MessinaServizi da “far fuori”. Cosa è successo?
Sostanzialmente che il fallimento di Messinambiente, decretato una settimana fa, a cascata, e per effetto della legge Madia, ha avuto conseguenze disastrose anche per la nuova partecipata MessinaServizi: la legge, infatti, spiega chiaramente che “Nei cinque anni successivi alla dichiarazione di fallimento di una società a controllo pubblico titolare di affidamenti diretti, le pubbliche amministrazioni controllanti non possono costituire nuove società, né acquisire o mantenere partecipazioni in società, qualora le stesse gestiscano i medesimi servizi di quella dichiarata fallita”. Quello di Messinambiente, e della “figlia” MessinaServizi, è quindi un caso di scuola. Come si procederà, quindi?
“Non sarebbe oggi comunque possibile per il Comune di Messina (per i prossimi 5 anni) costituire nuove società di settore, o acquisire partecipazioni in società di settore”, scrive Rossana Carrubba, che aggiunge come “il servizio pubblico gestito, il cui affidamento ha seguito anch’esso le regole del cosiddetto in house providing deve tuttavia essere riassegnato sul mercato secondo le regole ordinarie, proprio al fine di corrispondere alla ratio di interdizione dell’Ente pubblico dall’esercizio dell’impresa“, e quindi il Comune deve sostituire “la modalità di affidamento dell’in house providing con quella dell’esternalizzazione secondo le note regole dell’evidenza pubblica“.
In ragione di tutto questo, Rossana Carrubba conclude le sue tredici pagine di parere con un cronoprogramma che il Comune dovrebbe seguire. E cioè predisporre la risoluzione anticipata del contratto di servizio secondo il quale, in caso di risoluzione anticipata del contratto, il gestore (MessinaServizi, ndr) sarà obbligato a garantire l’integrale e regolare prosecuzione del servizio, agli stessi termini ed alle medesime condizioni disciplinate nel contratto, sino al subentro del nuovo gestore, deliberare la liquidazione della Messina Servizi Bene Comune s.p.a., assicurando lo svolgimento delle attività in essere, predisporre gli atti di gara per l’affidamento del servizio pubblico sul mercato, con le opportune clausole di salvaguardia, e sincronizzare la cessazione della Messina Servizi Bene Comune s.p.a. (o la revoca della sua liquidazione, con reimpiego della Società ad altre attività) e del relativo contratto di servizio, in coerenza temporale e funzionale con l’avvio del servizio da parte del futuro aggiudicatario della gara.
Il parere di Rossana Carrubba sembra sostanzialmente aprire le maglie allo scenario che il consiglio comunale ha votato per scongiurare: e cioè che il servizio dei rifiuti possa andare in mano ai privati, trovandone di disposti a subentrare al Comune nel servizio. Palazzo Zanca ci aveva già provato, nel 2010. Senza troppa fortuna.
La vicenda di Catania purtroppo non sarà di monito per nessuno. Il comune è in dissesto finanziario accertato (cosa che qualcuno invoca anche per Messina) e la Dusty, società privata di raccolta rifiuti, che avanza crediti milionari dal comune che non può più esigere, minaccia continuamente di interrompere il servizio. Ne vedremo di tragiche.