MESSINA. «Visti gli art. 179 e 162 legge fall., dichiara l’improcedibilità del concordato preventivo proposto da Messinambiente spa in liquidazione, aperto con decreto del 6 ottobre 2017. Dispone con separato provvedimento in ordine all’istanza di fallimento formulata dal Pubblico ministero».
È la sentenza che mette la parola fine alla storia ventennale di Messinambiente, dichiarata fallita: lo ha stabilito la sezione fallimentare del Tribunale di Messina, accogliendo la richiesta che due anni fa il principale dei creditori, l’Agenzia delle entrate, aveva fatto recapitare agli uffici di via Dogali per un debito da trenta milioni. Nella precedente udienza, a metà settembre, i creditori avevano votato negativamente all’ipotesi di concordato proposto da Messinambiente per evitare il fallimento, di fatto decretandone il destino.
Il principale dei creditori era l’Agenzia delle entrate (che a settembre non aveva motivato il suo voto negativo alla proposta, per cui Messinambiente aveva proposte appello), che tre anni fa ha proposto il fallimento per la partecipate che fino a un anno fa si occupava di raccolta e spazzamento rifiuti per conto del comune di Messina, e oggi è stata sostituita da Messina Servizi Bene Comune. Messinambiente aveva un debito da trenta milioni per il quale l’agenzia delle entrate nel 2014 ha chiesto il pignoramento: Messinambiente si oppose, ma l’opposizione venne rigettata e il pignoramento divenne esecutivo nel 2015.
Secondo il concordato, al fisco sarebbero andati quindici milioni, sui quali le parti avevano raggiunto un accordo transattivo, che avrebbero dovuto estinguere il debito con l’Agenzia delle entrate, il resto sarebbe stato diviso in partite da cinque milioni ciascuno per il Tfr dei dipendenti, per i debiti previdenziali con l’Inpdap e per altri debiti, soprattutto coi fornitori. Il Comune avrebbe quindi assicurare il pagamento di sei milioni di euro all’anno per cinque anni.
Il primo agosto dello scorso anno, il tribunale aveva dato l’ok per la proposta di concordato presentata dal Comune con il deposito della delibera con cui il consiglio comunale autorizzava la spesa di trenta milioni in cinque anni per il rientro dai debiti.