MESSINA. «Il mio non è un ricatto, ma un gioco al rialzo con il consiglio comunale». Parole di Cateno De Luca, che in conferenza stampa conferma le sue dimissioni, che non sono tuttavia irrevocabili, sfida nuovamente il consiglio e parla già delle eventuali nuove elezioni.

Ma cosa succederà adesso, con le dimissioni scritte, rassegnate e protocollate da parte del sindaco Cateno De Luca? Nulla, almeno fino al 18 ottobre: per “l’ora delle decisioni irrevocabili” ci saranno ancora venti giorni.

Le dimissioni rassegnate da Cateno De Luca dovrebbero (potrebbero) essere effettive a decorrere da oggi, ma il sindaco le rende effettive dall’8 ottobre (nella lettera è specificato che manterrà le funzioni fino al 7 ottobre), e per legge ha facoltà di ritirarle entro venti giorni, non essendo irrevocabili: quindi, se volesse cambiare idea, De Luca avrebbe tempo fino al 18 ottobre, secondo l’articolo 53 del testo unico degli enti locali.

Cosa succederà in un venti giorni? Intanto il consiglio comunale potrebbe rimuovere il motivo scatenante delle dimissioni, e cioè la mancata discussione della delibera sulle modifiche al regolamento del consiglio comunale, che De Luca aveva “imposto” con una sua delibera e il consiglio aveva accolto con una propria proposta (che aveva fatto ritirare la sua a De Luca). Ieri, la discussione si è arenata prima ancora di iniziare, e De Luca ha dato seguito alla minaccia. E stamattina sono arrivate le dimissioni. Il consiglio tornerà a riunirsi mercoledì 3 ottobre, quindi una eventuale voto favorevole alla delibera sarebbe “in tempo” rispetto al decorrere delle dimissioni illustrato da De Luca.

Domenica pomeriggio, poi, il sindaco punta al bagno di folla: la presentazione della relazione di inizio mandato, che si è trasformata in commiato, dovrebbe diventare una specie di plebiscito, che lascerebbe spazio ad un ripensamento.

La strada che ha portato alle dimissioni, De Luca l’ha spiegata così: “Prima del consiglio comunale, ieri sera, è venuta una delegazione di consiglieri – racconta – Per la delibera sul risanamento mi è stato spiegato che siccome non era arrivata in commissione non era il caso di approvare, e io non ho forzato la mano. Sul regolamento mi è stato detto che si iniziava a discutere, ma non si sarebbe concluso, e anche questo mi andava ben, l’importante era iniziare. Arriviamo in aula – prosegue nel racconto – la delibera sul risanamento si è trattata, cambiando idea: abbiamo sviscerato un’ora e mezza non concordate. Poi la delibera sul regolamento me la ritrovo con cinquanta emendamenti. Io la mia l’ho ritirata e avevo sposato quella del consiglio, e ci sta, ma si vede che non c’era unità d’intenti. Sono andato via per correttezza istituzionale, ma quando sono andato via dall’aula è successo quello che è successo. Ci sono patti istituzionali, tra gentiluomini, che hanno un valore Se non posso stare tranquillo nemmeno su queste cose che sembravano acclarate e concordate, come posso stare tranquillo su delibere importanti e strutturali?. Oggi ho fatto l’unico passo che la situazione imponeva. Se mercoledì votano le modifiche alla delibera? Ormai siamo oltre”, conclude.

Poi una considerazione sul futuro: «Non so se mi ricandiderò, devo discuterne con la mia famiglia. Siccome non sono un cretino, dovrò considerare l’effetto boomerang».

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