MESSINA. Trentacinque milioni di accantonamento “parte impiego”, a fronte di 90 milioni di euro,” previsti dal vigente piano di equilibrio per il periodo 2014 2017″. Pertanto “si rileva uno scostamento negativo di circa 52 milioni di euro in relazione alle quattro annualità delle disposizioni di salvaguardia del piano di riequilibrio“. Firmato il ragioniere generale di Palazzo Zanca, Giovanni Di Leo.
Una nota di tre giorni fa, in cui si fa il punto sulla manovra finanziaria che dovrebbe permettere al comune di Messina il rientro dall’ingente mole di debiti contratta nei decenni passati, ma che dal 2014 è su qualche scrivania del ministero dell’Interno a pigliar polvere, senza che da allora sia mai arrivata una risposta, positiva o negativa, sulla possibilità di renderlo operativo, il piano di riequilibrio.
Cosa vuol dire la nota di De Luca? Che nei tre anni in cui sarebbe in vigore il piano di riequilibrio, il comune di Messina avrebbe dovuto mettere da parte novanta milioni per “ripagare” il debito nel caso in cui il piano fosse accettato dal ministero, ma ne avrebbe accumulati solo 35. Ne mancherebbero quindi 52.
Da Cateno De Luca, direzione dirigenti, è arrivato un imperativo categorico: entro domani alle 14, tutti i capi dei dipartimenti di Palazzo Zanca dovranno depositare le relazioni di rispettiva competenza che asseverano la parte entrate, quindi le risorse, del piano di equilibrio.
La risposta di Guido Signorino, ex assessore della giunta di Renato Accorinti, come sempre non si è fatta attendere. Interpellato sull’argomento, Signorino ha spiegato così le discrasie: “Di sicuro si è perso un pò di storia e la nota di risposta ai revisori inviata da noi e dall’allora ragioniere generale Antonio Le Donne. al Collegio, al Ministero e alla Corte dei Conti quest’anno col monitoraggio completo delle entrate. Nel periodo 2014-17 le misure previste nel piano hanno prodotto nel complesso oltre 100 milioni (10-20 in più del previsto, non ricordo in dettaglio)”, spiega Signorino.
“Il punto è che nello stesso periodo il riaccertamento straordinario del consuntivo 2014 (inizio 2016), l’entrata in vigore della contabilità armonizzata (con l’aumento dei fondi), e la riduzione dei trasferimenti hanno creato nuove esigenze di bilancio che hanno assorbito buona parte delle risorse di piano. Catania – porta come esempio l’ex assessore – era andata in default (poi salvata dal Governo) per la stessa ragione. Era proprio questa la ragione per cui, consapevoli dell’inasprimento progressivo delle condizioni di bilancio imposte dall’armonizzazione contabile e dal federalismo fiscale, con Renato Accorinti abbiamo lottato per ottenere l’allungamento del piano.
“Il piano a 20 anni è pienamente sostenibile dalla città, anche se il bilancio approvato dal Consiglio è comunque compatibile con gli impegni del piano a 10 anni. E il default non offrirebbe alcun vantaggio rispetto al riequilibrio. Resta da capire (e non ho al momento elementi) se nei numeri di De Luca sono inclusi o meno i 69 milioni del “fondo di rotazione” che il Ministero deve inviare ad approvazione di piano”, conclude Guido Signorino.