MESSINA. A gennaio l’isola pedonale in via dei Mille. A febbraio il piano di riequilibrio spalmato a dieci anni. A marzo il regolamento Tari, con la diminuzione delle tariffe per i rifiuti. Otto mesi fa, il tira e molla sulla MessinaServizi bene Comune. Da mesi, la variante di salvaguardia e lo statuto Amam. C’è una guerra in corso, che va avanti da un anno e poco più, tra Consiglio e Giunta. E a farne le spese, come in ogni guerra, sono quelli che non c’entrano niente. I cittadini.
La giunta porta in aula atti che regolarmente vengono bocciati o procrastinati sine die. Il consiglio lamenta delibere proposte all’ultimo istante e quindi senza possibilità di essere approfondite. Una situazione che va avanti pressappoco dalla mozione di sfiducia nei confronti dell’amministrazione guidata da Renato Accorinti di metà febbraio 2017.
L’ultimo episodio è stato la bocciatura della delibera sulla riduzione delle tariffe Tari: un botta e risposta (riassumibile nel consiglio che al solito lamenta la delibera portata in aula il giorno prima del voto e soprattutto l’assenza del sindaco, l’amministrazione che risponde spiegando i motivi del ritardo e sostenendo che la delibera potesse essere votata comunque) nel quale, come negli episodi precedenti, a uscirne con le ossa rotte sono i messinesi, che avrebbero potuto risparmiare qualche euro sui tributi per i rifiuti.
Il paradosso è che entrambe le parti hanno ragioni e torti in egual misura: e la battaglia si è combattuta in prima battuta sull’assenza in aula di Accorinti, e solo poi su questioni di correttezza formale degli atti.
Secondo Antonella Russo, una degli appena 21 consiglieri che si sono degnati di presentarsi in aula, “il proponente deve illustrare la delibera, lo dice il regolamento, e da quel momento decorrono 10 minuti per la presentazione di emendamenti. Il proponente ieri era il sindaco Accorinti che, poiché assente, non poteva illustrarla, avrebbe dovuto delegare per iscritto un assessore, sempre secondo regolamento, ma ieri non è stato fatto. La delibera di 200 pagine, contenente atti corposi di piani industriali di Messinambiente e MessinaServizi, piani concordatari presentati in tribunale e molto altro, è stata inviata per email ai consiglieri intorno alle 23 di venerdì 30 marzo, consiglio fissato per sabato 31 alle 20.45. Vista l’assenza sia del firmatario che del proponente, sono stata io a proporre un emendamento nel quale chiedevo la possibilità di votare solo il piano tariffario della Tari, che prevedeva una sia pur minima riduzione della tariffa, e non anche il piano tecnico finanziario, atteso che gli stessi revisori avevano attestato che i dati ivi inseriti non erano nè di loro competenza, nè dello stesso consiglio comunale. Ebbene, nemmeno sull’emendamento si è potuti proseguire perché in aula mancavano anche il dirigente competente ed i revisori dei conti per l’emissione dei loro pareri. Motivo per il quale non era possibile votare l’emendamento e, conseguentemente, anche la delibera“.
La versione di Guido Signorino, assessore allo Sviluppo, è praticamente complementare, ma arriva a determinazioni completamente opposte: “Il sindaco è stato colto da malore (brusco calo di pressione e perdita di equilibrio) dopo l’incontro coi cittadini che si era tenuto dalle 18,30 nella piazza di Ganzirri quando, con l’autista, stava rientrando a Messina per raggiungere il Consiglio. L’assessore Daniele Ialacqua era presente in aula, dove è intervenuto sulla delibera e sul famigerato emendamento, e con lui erano presenti il dirigente ai Tributi e il dirigente all’Ambiente e Sanità. La proposta era munita di tutti i pareri tecnici adeguati e sufficienti, mentre l’emendamento ripeteva un ritornello vecchio di quattro anni: ogni anno alcuni consiglieri chiedono di stornare dalla delibera il “Piano Economico e Finanziario” (Pef) del servizio, e ogni anno i dirigenti chiariscono la necessità di deliberare anche su questo aspetto, che ne costituisce la base economica e che va necessariamente allegato alla delibera. Tutte le precedenti delibere Tari contengono il Pef in allegato e non sono state né impugnate né annullate. Il dirigente ai tributi è per decreto del Sindaco sostituto del Ragioniere Generale (aspetto chiarito dal Vicesegretario all’aula). I dirigenti presenti potevano dunque esprimere ogni eventuale e necessario parere contabile, tecnico e giuridico. Il parere del Collegio dei Revisori sull’emendamento non era dovuto: il precedente parere chiariva già che il Consiglio Comunale è competente per il PEF. Inoltre l’emendamento non modificava in alcun modo i contenuti contabili della proposta; qualora lo avesse fatto, i pareri dei dirigenti presenti sarebbero stati completamente sufficienti. Emendamento e delibera, dunque, potevano essere votati senza necessità di alcun ulteriore parere dei Revisori”.
Cosa se ne ricava? Che al netto dei motivi di salute, non esiste un coordinamento tra Giunta e consiglieri, ma anzi c’è un “muro contro muro” che di fatto ha paralizzato per un anno, e continuerà a paralizzare l’attività amministrativa di Palazzo Zanca fino almeno a luglio, quando si insedierà la nuova amministrazione ed il nuovo consiglio.
Nel frattempo, la città resta ferma al palo. Messina non ha mai avuto l’opportunità di valutare politicamente la variante di salvaguardia e l’isola pedonale (via dei Mille o dovunque si fosse votato di realizzarla), non ha la possibilità di spalmare in vent’anni, invece che in dieci, i debiti contenuti nel piano di riequilibrio, non ha usufruito delle riduzioni della tariffa sui rifiuti. Niente di catastrofico: sono tutti argomenti che sarà possibile riprendere a discutere nella prossima esperienza amministrativa.
“Mentre a Roma si discute, Sagunto viene espugnata“, disse Tito Livio 2237 anni fa. Chissà cosa avrebbe pensato di Messina.