MESSINA. Quattordici sigle, con in testa ordini degli architetti e degli ingegneri, contro la variante di salvaguardia del piano regolatore, l’ormai famosa “salvacolline”, adottata nel 2012 dalla precedente amministrazione attraverso l’assessore al Territorio Pippo Corvaja, e fatta propria dall’attuale con l’omologo Sergio De Cola.

Ingegneri, architetti, ma anche Cisl e Uil, sia le sigle principali che le confederate dei comparti edili, ma anche Legambiente dei Peloritani, Inarsind (il sindacato di ingegneri ed architett), costruttori, agronomi e Sicilndustria, hanno scritto una lettera aperta in cui chiedono una profonda revisione del documento che il consiglio comunale è chiamato ad approvare. Come? “Rilanciare il settore edilizio orientandolo verso il traguardo di obiettivi di natura sociale come il risanamento delle aree più degradate”, e “consentire nelle aree maggiormente degradate, quale bilanciamento al consumo di suolo zero, l’introduzione di indici di edificabilità in grado di rendere conveniente l’intervento di ristrutturazione urbanistica”

“Quando circa 3 anni fa è stata avviata la redazione della variante stessa, da più parti e a più riprese sono stati “consegnati” all’amministrazione suggerimenti su come orientare le scelte della Variante di Salvaguardia Ambientale, perché queste fossero coniugate con le indubbie esigenze dello sviluppo sostenibile, con spirito di collaborazione e nell’esclusivo interesse della città; fra questi basta ricordare il documento consegnato nel 2015 dal Laboratorio Propositivo Permanente, cui aderì l’intero comparto edilizio fra ordini professionali, associazioni imprenditoriali e sindacati. Purtroppo l’Amministrazione ha sempre rifiutato di prendere in considerazione qualunque suggerimento espresso dai vari portatori di legittimi interessi.

Per rispondere agli attacchi di chi continua ad etichettare per speculatori tutti coloro che dissentono da questa Variante, affermiamo convintamente la nostra totale condivisione nel merito dell’obiettivo che tale Variante avrebbe dovuto traguardare, ovvero la salvaguardia e la messa in sicurezza delle aree libere del territorio collinare della città, anche per sottrarle a futuri processi di urbanizzazione, non necessari visto il decremento demografico della città, i costi non sostenibili per le urbanizzazioni, l’ingiustificato consumo di suolo, ecc. Tuttavia, desideriamo evidenziare con forza come l’obiettivo di un drastico contenimento dello sviluppo urbano nelle aree agricole e collinari, l’idea di un consumo di suolo zero, fosse indissolubilmente legata alla volontà di creare le condizioni perché l’imprenditoria messinese del settore, orientasse i propri sforzi e le risorse disponibili, verso la riqualificazione delle aree degradate sia periferiche che centrali.

Non crediamo necessiti di ulteriori spiegazioni il fatto che la periferia degradata, dove esistono ancora miglia di famiglie che vivono in alloggi fatiscenti ed impropri, sia e resti il principale problema sociale ed ambientale della nostra città e la sua riqualificazione un obiettivo assolutamente prioritario. La strategia della rigenerazione urbana, da noi proposta, avrebbe inoltre consentito di ridare ossigeno al settore edilizio e delle costruzioni nella nostra città, della quale ha rappresentato sempre uno dei settori trainanti.

Come più volte sottolineato da sindacati di categoria, associazioni imprenditoriali e professionisti, il comparto edilizio si trova oggi in una condizione di profondissima crisi con numeri preoccupanti e drammatici per quanto riguarda l’occupazione e la mortalità delle imprese; basta a questo proposito richiamare i dati drammatici in termini di perdita di posti di lavoro e mortalità delle imprese del settore, più volte evidenziati dalla Filca Cisl e ripresi dal recentissimo Congresso provinciale della Feneal – Uil.

A fronte delle gravissima situazione sociale ed economica riteniamo assolutamente indispensabile mettere in atto una strategia in grado di rilanciare il settore edilizio orientandolo verso il traguardo di obiettivi di natura sociale come il risanamento delle aree più degradate. Ora è evidente, come del resto si può desumere da infiniti esempi in tutta Europa e nel nostro paese, che i processi di riqualificazione urbana possono realizzarsi solo se c’è una convenienza all’investimento e tale convenienza quasi sempre possibile attraverso un attento, trasparente e ben governato uso delle volumetrie edilizie. Per tale ragione avevamo richiesto all’A.C. di consentire nelle aree maggiormente degradate, quale bilanciamento al consumo di suolo zero, l’introduzione di indici di edificabilità in grado di rendere conveniente l’intervento di ristrutturazione urbanistica con demolizioni e sostituzioni. La Variante che viene proposta dall’amministrazione cittadina, invece, non solo non prevede alcuna misura che vada nella direzione appena indicata, ma introduce addirittura delle norme ancora più restrittive non prevedendo, anche in aree ad elevato degrado, alcun incremento di cubatura; una strategia che rischia di creare al futuro della città gravissimi danni in termini ambientali economici e sociali.

A parte questo inaccettabile limite di fondo, la Variante non ci sembra in grado di traguardare neppure l’obiettivo della salvaguardia dai rischi idraulici e geologici, che era uno dei motivi per la quale era stata pensata all’indomani della tragedia di Giampilieri. Essa infatti veicola una visione profondamente limitata del concetto di “difesa del suolo”, basata esclusivamente sulla introduzione di vincoli di inedificabilità. Al contrario, la tragedia di Giampilieri ci insegna che il solo vincolo è di per se insufficiente, ma che il territorio va protetto e messo in sicurezza con adeguate politiche di intervento che prevedano regimentazione delle acque, consolidamenti di versanti, ecc..

Inoltre, per quanto desumibile dagli elaborati proposti e non secretati, la Variante si presenta assolutamente carente nella individuazione e localizzazione delle aree a rischio o che necessitano di tutela, dal momento che non ha ancora recepito e cartografato i vincoli e le norme previste dal Piano paesaggistico regionale – Ambito 9, approvato ormai quasi un anno fa, è insufficiente da un punto di vista della mappatura del rischio sismico, come più volte evidenziato dal Genio civile, prevedendo in pratica una microzonazione di I° livello, non contiene alcuno studio relativo a tutela e sviluppo agricolo-forestale delle colline che preveda azioni per la prevenzione del rischio incendi e del rischio idrogeologico, né relativo ai processi di erosione costiera, indispensabili per un comune che si estende lungo la costa per quasi 50 km. Ed ancora la Variante rischia di generare un infinito contenzioso con i proprietari della aree “declassate”, in quanto promette trasferimenti di cubatura che rischia di non poter mantenere, dal momento che la legge impone che i trasferimenti di cubatura possano avvenire fra aree edificabili.

Dunque, per effetto dell’approvazione di questa Variante, all’atto di approvazione del PIAU o del nuovo Prg, i terreni di “decollo” si troverebbero nella condizione di terreni agricoli e quindi senza alcuna cubatura da trasferire. Anche per quanto riguarda l’atterraggio dei volumi questi dovevano avvenire a partire dalle are del PIRU, comprendente le ex zone ZIR e ZIS. Senza considerare il rischio di un possibile danno erariale per le casse comunali, dovute ai mancati introiti delle imposte, in conseguenza del declassamento dei terreni e a causa del possibile contenzioso con i privati. Ipotesi che ci auguriamo restino tali ma che riteniamo andavano prese in considerazione come un possibile scenario in grado di ripercuotersi negativamente sul bilancio comunale ed in definitiva sul piano di rientro.

In conclusione ci corre l’obbligo di sottolineare l’incredibile atteggiamento tenuto dall’A.C. in questi anni, rimasta sorda a qualunque tentativo di vero dialogo; nel corso di questi 4 anni, invece di applicare norme e regole sovrimposte, il Dipartimento di urbanistica ha preferito sollevare sterili contenziosi nei confronti di Enti come la Regione (vedi VAS) ed il Genio civile, che avevano espresso legittimi dubbi ed osservazioni su numerose scelte adottate e procedure seguite, contenziosi costati tantissimo in termini di perdita di tempo prezioso. Fino alla incredibile decisione di secretare le carte del piano, in spregio a tutti i più recenti orientamenti disciplinari e amministrativi che richiedono la massima trasparenza degli atti relativi agli strumenti urbanistici, ed ancora una volta a in totale contrasto con quanto suggerisce in proposito l’Autorità anti corruzione; scelta che priva i consiglieri comunale della possibilità di esprimere un giudizio confrontandosi con gli esperti. Se pensiamo anche alla scelta di pubblicare l’avviso per la costituzione della Banca dei volumi in un giornale locale a limitatissima distribuzione in città, tutto questo getta una pesante ombra sulla effettiva volontà dell’Amministrazione di agire nel pieno rispetto delle norme di trasparenza.

Per quanto sopra detto, i sottoscrittori del presente documento ritengono, pertanto, che tale Variante di salvaguardia al momento non sia approvabile, se non ritirata dalla Amministrazione Comunale e riproposta risolvendo tutte le criticità sopra rilevate e comunque tutte quelle indicate dalla Commissione Urbanistica. Ciò allo scopo di dotarsi di uno strumento urbanistico che, oltre salvaguardare realmente l’ambiente ed il paesaggio della città, serva anche a promuovere la rigenerazione delle aree periferiche più degradate, ridando ossigeno al settore edilizio e delle costruzioni.

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