MESSINA. «Sono stato dimenticato. Negli ultimi anni mi sento un po’ il Fantozzi di Palazzo Zanca e mi è andata bene che non mi abbiano messo nello scantinato». C’è un po’ di amarezza nelle parole di Nino Principato, che il 31 gennaio del 2018 andrà in pensione e svuoterà per l’ultima volta i cassetti del suo ufficio in Comune per iniziare una nuova vita, lontano da quelle stanze in cui mise piede per la prima volta il primo settembre del 1993, dopo aver vinto un concorso pubblico. Adesso, per l’architetto, negli ultimi mesi al centro di varie polemiche, soprattutto social, sulla visita del Dalai Lama, sulla messinesità di Shakespeare e sull’intitolazione di alcune vie di Ganzirri alle madri costituenti, è tempo di bilanci.
Dal suo ingresso a Palazzo Zanca sono trascorsi 24 anni e al timone dell’amministrazione comunale si sono succeduti 5 sindaci e tre commissari, mentre Messina è continuata a mutare anno dopo anno, diventando così diversa rispetto a quella che aveva fatto “perdere la testa” all’architetto quando era ancora un ragazzino.
«Ricordo bene quando mi innamorai di Messina. All’epoca ero solo un bambino e con mia madre mi recai a comprare il pescestocco in una bottega che si trovava sul Viale Boccetta. A quei tempi, per attrarre gli acquirenti, realizzavano degli acquari molto suggestivi pieni di anfratti, grotte e richiami al Mito. Fu proprio osservando quei fondali che mi resi conto di quanto doveva essere bella la mia città», racconta Principato, che adesso approfitterà degli anni della pensione per dedicarsi alle passioni di tutta una vita: la storia e l’architettura, la letteratura e i beni culturali. A partire da un libro sul rapporto fra William Shakespeare e Messina e da un “report” con le biografie delle madri costituenti a cui sono state intitolate delle vie di Ganzirri.
Prima di voltare pagina, però, è necessario mettere un punto, tracciando il bilancio di un’esperienza lunga un quarto di secolo che è strettamente intrecciata con quella della città. Fra soddisfazioni, ricordi, aneddoti e anche qualche rimpianto.
«Quando entrai in servizio, durante l’amministrazione Leonardi, la prima cosa di cui mi occupai fu il censimento di tutti i Beni Culturali del territorio comunale, quando individuai oltre mille manufatti di interesse storico che confluirono in altrettante classificazioni in A1. Bloccai così, di fatto, qualsiasi tentativo di speculazione edilizia su edifici di pregio, fermando le soprelevazioni sui palazzi di architettura eclettica di inizio ‘900», racconta l’architetto, che ripercorre i nomi e il volti dei sindaci e degli assessori che hanno segnato il suo cammino. «L’assessore migliore che il Comune abbia avuto nel mio ambito è stato senza dubbio Giuseppe Mangiapane, che portò avanti il suo mandato con totale dedizione, così come Gianfranco Scoglio, altro amministratore di grande competenza». E fu proprio grazie a loro che Principato portò a compimento uno dei progetti di cui va più fiero, ovvero la riqualificazione urbana e la pedonalizzazione di Via Lepanto, piazza Catalani e via Cardines, “quelle oggi frequentatissime dalla movida giovanile”.
I progetti di cui Principato si occupa nel corso degli anni sono parecchi, elencati uno per uno nel corso di un incontro nel suo ufficio, al primo piano del palazzo comunale: dagli interventi intorno alla statua del Nettuno, “che abbiamo tolto dalla schiavitù dei Tir”, alla scalinata Santa Barbara, dallo sgombero immediato di alcune abitazioni nel complesso “Poggio dei Pini” alla riqualificazione urbana di piazza Semiramide a Bordonaro, oltre a mostre, libri e manifestazioni culturali.
Altrettanti sono però i sogni ancora riposti nel cassetto, “una quarantina”, fra i quali il progetto di riqualificazione di Piazza del Popolo, la posa dei cannoni di Garibaldi a Torre Faro, la pedonalizzazione degli esterni della Chiesa di Santa Maria Alemanna, la ricostruzione della casa natale di Antonello da Messina e soprattutto il “Museo Comunale delle Machine Festive”, che l’architetto tira fuori da un faldone descrivendo punto per punto gli interventi da realizzare.
«Dal mese di giugno del 2013 ad oggi – spiega Principato – con l’amministrazione retta dal sindaco Renato Accorinti, non mi è stato consentito portare avanti nessun progetto, nonostante abbia più volte cercato un confronto sia con il primo cittadino che con l’assessore De Cola. Gli unici interventi espletati sono stati quello della piazzetta di Bordonaro e il restyling di Piazza Cairoli, con un budget esiguo, entrambi finanziati con fondi Tasi».
Da qui alla riflessione “politica” il passo è breve. «Io le persone le valuto per quello che fanno. Quando vado in un negozio non guardo la marca, ma la qualità del prodotto. Allo stesso modo mi importa poco se uno è di destra o di sinistra. Per fare le cose bene ci vuole amore. Se mi proponessero di fare l’assessore alla cultura direi di sì, ma chiamerei al mio fianco persone valide, indipendentemente dal loro schieramento. L’importante è che abbiano le palle e siano competenti. Secondo lei me lo lascerebbero fare l’assessore con queste premesse? Anche alle elezioni… io ho sempre votato le persone e non i partiti. Per governare bene un paese serve esperienza. I giovani devono prima compiere il giusto percorso». Un riferimento che non può non chiamare in causa Luigi Genovese: «Prima di candidarsi all’Ars perché non si fa cinque anni da consigliere di quartiere?».
Infine una battuta sulle recenti polemiche social che hanno portato l’architetto ad abbandonare il suo profilo Facebook per un breve periodo: «Il web è uno splendido strumento di partecipazione democratica. Poter esprimere le proprie idee è una cosa bellissima, ma bisogna prima di tutto imparare a rispettare l’opinione altrui», spiega riferendosi alla querelle sulla visita del Dalai Lama in città. «Prima di essere un dipendente comunale io sono anzitutto un individuo. Sono Nino Principato, un uomo libero, ed esprimo liberamente la mia opinione».
Peccato che a differenza di Fantozzi, l’architetto è un cumulo di arroganza e maschilismo.
Quando avrà il coraggio,se lo avrà, di firmare il suo commento con nome e cognome, allora le risponderò.
Nino Principato