MESSINA – Sale sul palco da solo, in jeans e camicia e affronta così la platea gremita del Palacultura: ”Voglio dimostrare di essere in grado non di vincere elezioni, ma di essere all’altezza di un confronto, le opinioni non sono importanti se non confrontate, anche quelle molto critiche”. Si presenta così ad una platea dalla quale non mancano cori di “evviva la famiglia Genovese”. Così viene “battezzato” da Gianfranco Micciché, Renata Polverini e Gaetano Armao che lo seguono poco dopo sul palco.

È il candidato di Forza Italia, a 21 anni, studente della Luiss, figlio di Francantonio condannato a 11 anni  per Corsi d’Oro, l’inchiesta sulla Formazione professionale e nipote di Franco Rinaldi, condannato a 2 anni e mezzo, ed entrambi imputati nel processo Matassa, per scambio di voti.

Entrambi ancora candidabili ma col peso di condanne e processi, se venissero eletti, potrebbero decadere nel caso di una condanna in appello o di una condanna con altro reato.

L’unico della famiglia “spendibile”, è dunque lui, Luigi Genovese, ex rappresentante d’Istituto al Maurolico, dove dalle pagine del giornale della scuola attaccava il leader del partito col quale si sta adesso presentando e il cui simbolo campeggiava sul palco. Lo stesso dal quale cercava di mostrare una nonchalance impossibile per la poca esperienza di fronte a una platea così folta ed adulta, se non per la giovanissima età.

Al “battesimo elettorale” manca, invece, il candidato alla presidenza, Nello Musumeci, che benché annunciato su tutti i manifesti è stato però trattenuto a Roma. Un vuoto in platea che pare dare ragione a chi sostiene che la candidatura di Genovese junior sia indigesta per l’aspirante presidente.

Si presenta, in prima persona, dopo essersi già presentato su facebook con un post che aveva attirato accesse critiche, provenienti soprattutto dal mondo della Formazione, cita Zuckeberg “bisogna ricercare la felicità” e cita Steve jobs: “Mi sono chiesto cosa volesse dire Jobs, con stay foolish, stay hungry, cosa significasse per me essere “affamato”. E per me significa uscire dalla mia comfort zone cioè uscire e parlare di politica, perché questa non è di certo la “zona di conforto”.
Non mancano neanche bordate alla”vecchia politica” che “ha paralizzato questa terra che io amo profondamente, dove voglio crescere, cadere e rialzarmi ma che non voglio vedere in mano di chi promette rivoluzioni disattese, come quella delle province, o come quella della forestale”.

Sarà Micciché, invece, a nominare il convitato di pietra: “Se sei qui è perché qualcuno ha impedito a tuo padre di lavorare”.

Infine l’inno di Mameli cantato da Micciché, Genovese junior e Polverini mano sul cuore. Mentre la platea si metteva in fila per rendere omaggio a Genovese padre.

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