MESSINA. Riceviamo e pubblichiamo un contributo di Nino Principato architetto del Comune e co-progettista del restyling di Piazza Cairoli, dopo il recente intervento, su Lettera Emme, del ricercatore in Composizione architettonica e urbana Antonello Russo.

 
Di seguito il testo integrale dell’articolo:
 
Piazza Cairoli nasce dopo il 1860 con l’esigenza di ampliamento della città a sud dove i quartieri militari di Terranova e gli orti delle Moselle sarebbero diventati i cosiddetti “Quartieri Nuovi”. Il relativo piano regolatore e di ampliamento viene approvato il 6 febbraio 1869 e dal 1880 al 1890 si realizza la lunga arteria principale asse e determinante urbano dello sviluppo, il viale San Martino,  che culmina nella piazza che prenderà poi il nome di Cairoli, assurta a simbolo della città moderna. Dopo il sisma del 1908 l’on. Giuseppe Micheli, deputato parmense,  vi farà realizzare a sue spese il primo nucleo baraccato dotato dei servizi essenziali che da lui assume il nome “Michelopoli”. L’ing. Luigi Borzì, nel piano regolatore della ricostruzione,  ne conserverà l’impianto planimetrico mantenendone la destinazione d’uso.
Il progetto di “Sostituzione del parquet di legno con materiale lapideo”, di cui sono stato coautore insieme all’arch. Salvatore Corace (Dipartimento comunale Opere Pubbliche), va inquadrato nell’ ambito di un intervento minimalista proporzionato all’entità dell’impegno finanziario, estremamente esiguo in rapporto alla vastità dell’area interessata, 268.895,40 euro recuperati dai consiglieri comunali dai fondi Tasi (Tassa per i servizi indivisibili) destinati per interventi di miglioramento dei servizi urbani (strade, piazze, illuminazione). Nonostante ciò,  si è cercato nei limiti del possibile di andare oltre l’intervento di mera manutenzione con scelte compositive (le panchine rivestite in pietra siciliana con un particolare disegno nelle giunzioni a “spacco” fra lastra e lastra di rivestimento) e dei materiali impiegati, la pietra lavica in lastre bocciardate antiscivolo quadrate.
 
Ecco,  in rapida sintesi, gli interventi effettuati e le motivazioni a loro supporto:
 
– buona parte della somma destinata ai lavori è stata utilizzata per rimuovere ed eliminare definitivamente tutti i pericolosissimi e pesanti pannelli di controsoffittatura in lamiera traforata che si staccavano dalla lunga (80 metri) pensilina metallica. Rimetterli al loro posto o sostituirli con altri sarebbe stato folle perché il grave problema si sarebbe ripresentato in futuro dal momento che per la loro manutenzione il Comune, come avviene di norma,  non sarebbe mai intervenuto;
 
– ancora, nella lunga pensilina, è stata collocata, al posto della degradatissima e fatiscente copertura in ondulato plastico preesistente, una copertura in acciaio grecato immune alla ruggine;
– la pensilina è stata interamente ritinteggiata con vernice color canna di fucile;
 
– sono stati sostituiti i 4 anelli arrugginiti alla base delle quattro colonne del portale del tram, con altri in acciaio esenti dalla ruggine;
 
 – è stata collocata una tubazione in polietilene per la raccolta delle acque piovane tramite posizionamento di griglie carrabili in ghisa sferoidale;
 
– è stato realizzato un impianto idrico automatico per le tre aiuole destinate ad accogliere il futuro prato voluto dai commercianti in una sorta di baratto amministrativo per risparmiare sulla tassa di occupazione suolo;
 
– è stata collocata la rete zincata elettrosaldata per la stabilizzazione del nuovo pavimento in pietra lavica;
 
– la palma (peraltro una Washingtonia philiphera robusta resistente al punteruolo rosso) è stata collocata in quel punto solo e soltanto quale elemento simbolico esattamente in asse con la lunga via Garibaldi, per segnalare visivamente da lontano la piazza, ciò che è una riproposizione di una consuetudine tutta messinese precedente e dopo il sisma del 1908, di impiantare nelle masserie, ville suburbane, case coloniche, edifici strumentali per le attività agricole, una palma solitaria per indicare a distanza la loro presenza;
 
– per la nuova pavimentazione è stata volutamente usata la pietra lavica di spessore 3 centimetri, materiale eminentemente siciliano, contrariamente a quello esistente in adiacenza che è la “pietra di Lessinia” proveniente dai monti Lessini per la maggior parte nella provincia di Verona e in parte in quelle di Vicenza e Trento e la “pietra di Luserna” (spessore 2 centimetri), proveniente dal Piemonte, peraltro materiali costosi e che non hanno niente a che vedere con la cultura e la tradizione siciliana. 
 
Nessuna “sicurezza ha sostituito la memoria”, intanto perché l’intervento è stato limitato alla sola porzione prima occupata dal parquet e se vogliamo proprio andare alle origini del “salotto della città”, alla sua memoria,  la piazza non ha mai avuto una configurazione urbana particolarmente connotata, era solo un coacervo di alberi con la pavimentazione in famigerate, brutte “pietrine di cemento”.
 
 
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