MESSINA. Sono le undici e mezza di sera, c’è in corso una seduta di consiglio comunale che si trascina stancamente, e senza nessun vero motivo d’interesse, ormai da tre ore. Si parla dell’ormai leggendaria MessinaServizi Bene Comune, nuova partecipata che, ormai lo sanno anche le pietre, prenderà il posto di Messinambiente (e della sventuratissima Ato3) nella gestione del ciclo dei rifiuti.

Le stesse pietre sanno anche che per bocciarla, la delibera che ieri è tornata tale e quale in consiglio comunale, ci sono volute nove sedute: in otto di queste è caduto il numero legale. Giusto perché ormai è un copione che va rispettato, anche ieri sera, all’atto del voto del secondo emendamento, Maurizio Rella di Cambiamo Messina dal Basso sfila il tesserino e lascia l’aula, determinando la caduta del numero legale. Motivo? Se si fosse andati al voto, la delibera sarebbe stata bocciata per la seconda volta.

La mossa di Rella, in aula (e nel loggione, dove da mesi i dipendenti di Messinambiente seguono i lavori, in attesa di sapere che ne sarà di loro), non ha stupito nessuno, e al di là delle indignazioni pentapartisan a beneficio di cronisti, tutti sanno a che gioco si sta giocando. Al gioco della politica.

I fatti sono chiari: MessinaServizi, piaccia o non piaccia, sia fatta bene o sia fatta male, il 30 giugno sostituirà Messinambiente. La società esiste già, è stata creata dopo il voto favorevole in consiglio comunale di febbraio, ed è prevista dal piano Aro di gestione globale della filiera dei rifiuti, anch’esso votato dall’aula, un anno fa. Quello di cui si discuteva ieri (e di cui si discuterà oggi, in prosecuzione di seduta alle 19) era un atto formale, l’affidamento del servizio di raccolta e spazzamento. Amministrazione e oppositori sono consapevoli della scadenza, e la delibera andava fatta passare. 

Oggi l’amministrazione di Renato Accorinti può contare su undici, risicatissimi voti. Ieri in aula di favorevoli ce n’erano nove. Votare avrebbe comportato la bocciatura dell’atto, che nessuno voleva, nemmeno chi lo avrebbe votato negativamente. Da qui l’uscita di Maurizio Rella, ed il fatto che nessuno si sia scandalizzato. Questo dentro l’aula.

Fuori, invece, il livello di credibilità di questo consiglio, ma anche dell’amministrazione e del Comune in generale, inteso come soggetto politico, è spaventosamente basso. Perché nessuno è riuscito a smettere le casacche da gioco e provare a spiegare, restando serio, com’è che in due mesi di voto, e oltre sei in cui la delibera è stata discussa in commissione, a nessuno sia venuto in mente di trovare una soluzione alternativa, diversa, condivisa.  Una soluzione che non impalla un consiglio comunale per due mesi e mezzo.

Non all’amministrazione, che ha blindato la MessinaServizi costruendole attorno un alone di millenarismo secondo il quale o così o il disastro: l’assessore all’ambiente Daniele Ialacqua (e Guido Signorino, assessore alle Partecipate) l’hanno immaginata totalmente pubblica, e così lotteranno perché resti. Parte del consiglio, maggioritaria nei numeri, preferirebbe altre soluzioni. Giuseppe Santalco, per esempio, che invoca (tardivamente, perché la concertazione sarebbe dovuta avvenire mesi fa, forse anni) il sempre verde “tavolo tecnico”, la “cabina di regia”, formule che sono garanzia di pastrocchi forse anche peggiori dell’originale.

Le parole definitive, che hanno per un attimo squarciato il velo di ipocrisia (intorno a tutta la faccenda, le ha pronunciate ieri Gaetano Gennaro, un consigliere incredibilmente lasciato fuori da questo consiglio e rientrato per vicende giudiziarie e conseguenti dimissioni di chi era stato eletto prima di lui. “Non sarà la migliore delle delibere, d’accordo. Ma chi aveva proposte alternative, e il nostro ruolo ce lo permette e anzi ce lo impone, perché non le ha messe sul tavolo? Non è che la motivazione ultima è solo quella di bocciare le proposte dell’amministrazione?”. È politica. Che crea uno stallo mortale. Che ha conseguenze. Molte.

Ferme restando le posizioni dei singoli sulla bontà o meno di MessinaServizi, sulle quali l’assenza di vincolo di mandato garantisce assoluta libertà ai consiglieri, e ci mancherebbe, gioverebbe capire a chi tocca fare il paso indietro. E dal tocco è uscito il consiglio. L’aula garantirà i numeri necessari perché la delibera passi. E se non passa cadrà il numero legale, ad libitum. Il fatto che nelle sedute precedenti a farlo cadere sia stato uno dei consiglieri del “no”, aveva provocato settimane di strali e contumelie che ieri, quando ad uscire dall’aula è stato Rella di Cmdb, oggi sono state molto più sfumate. Questo, giustamente, lo hanno segnalato quei consiglieri contro i quali per nove volte, e per due mesi, è stato puntato il dito. “Non è che se lo facciamo noi siamo i cattivi, e se lo fanno loro è politica”. E infatti. È sempre politica. È tutta politica.

Fa parte della politica. È bene che chi ancora non si è abituato ai giochetti d’aula inizi a farlo, perché per l’ultimo anno di esperienza di Renato Accorinti alla guida del Comune, è così che sarà. È così che è già da metà febbraio, all’indomani della sfiducia mancata. Ovviamente, mentre a Roma si discute, Sagunto viene espugnata. Prova a spiegarlo, a chi fuori dal palazzo si domanda come sia possibile. Prova a spiegarlo. E a trovarci una benchè minima ragione.

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