MESSINA. E ora? Che ne sarà dei rifiuti di Messina? Chi se ne occuperà? Cosa succederà in città? Le conseguenze della bocciatura della delibera di affidamento dei servizi di igiene ambientale a  MessinaServizi Bene Comune di stamattina è uno di quegli atti le cui conseguenze potrebbero essere potenzialmente catastrofiche.

Gli scenari sono particolarmente intricati: il 30 giugno scade la proroga del servizio a Messinambiente, e secondo il piano Aro (votato dal consiglio comunale tempo fa), lo stesso servizio dovrebbe passare a MessinaServizi. Lo stesso consiglio però, che lo ha votato ed ha votato a metà febbraio la costituzione di MessinaServizi, oggi ha bocciato il conferimento dell’incarico. Una posizione schizofrenica, che complica di parecchio le cose. Perché, a meno di interventi da parte del Prefetto per questioni di pubblica sicurezza o di emergenza rifiuti, non saranno possibili ulteriori proroghe: da luglio, l’impegno di spesa per Messinambiente cessa, e subentra quello per MessinaServizi. Che ad oggi è una società vuota, senza incarico, e che consiste in una stanza, anch’essa vuota nei sotterranei di palazzo Zanca con una fotocopia formato A4 come targhetta.

Problema è che Messinambiente non c’è sicurezza che dal 3 luglio possa esistere ancora. In quella data, scadono i sessanta giorni concessi dalla sezione fallimentare del tribunale di Messina per presentare un’ipotesi di concordato in continuità ed evitare così il fallimento, chiesto dall’Agenzia delle Entrate per un debito pregresso da un bel po’ di milioni di euro. 

Il piano di rientro presentato dal commissario liquidatore Giovanni Calabrò e dai legali che lo assistono Marcello Parrinello e Paolo Vermiglio (alla difesa, due mesi fa, c’erano anche Gianclaudio Fischetti e Romina Ballanca del Foro di Milano) prevede trenta milioni in totale per chiudere la partita: sei milioni all’anno per cinque anni, divisi in partite da cinque milioni ciascuno per il Tfr dei dipendenti, per i debiti previdenziali con l’Inpdap e per altri debiti, soprattutto coi fornitori. I restanti quindici milioni dovrebbero estinguere il debito con l’Agenzia delle entrate, che di Messinambiente aveva chiesto il fallimento dopo aver tentato invano la strada del pignoramento.

La strada che l’amministrazione ha intrapreso è quella del concordato in continuità, quindi per assurdo la soluzione dei problemi di Messinambiente potrebbe essere la… continuazione di Messinambiente stessa. Con le complicazioni amministrative legate al piano Aro espresse poco più sopra.

Un casino dal quale adesso non si capisce come uscire: la Regione potrebbe prendere in mano la situazione e commissariare il comune di Messina per le gravi inadempienze sul fronte rifiuti, ma è un’ipotesi parecchio remota. La giunta potrebbe riproporre la delibera, magari incorporandone gli emendamenti già votati e dare una parvenza di condivisione con l’aula, anche se Daniele Ialacqua, assessore all’Ambiente e padre della delibera, ha espresso chiaramente la volontà di riportarla in aula tale quale, senza nemmeno una virgola modificata (nel video in basso).

Poi c’è la questione dei dipendenti: il concordato in continuità garantirebbe il trasferimento dell’intero ramo d’azienda all’interno del quale ci sono i lavoratori ed i Tfr che spetta loro, quindi cinque milioni di gravame che la nuova MessinaServizi erediterebbe prima di aver raccolto dai cassonetti un solo sacchetto.

Politicamente, è un dato quello che emerge prepotente: il Pd ormai è atomizzato. Su quattro consiglieri, si sono espresse tre posizioni diverse, con la capogruppo Antonella Russo contraria, Pietro Iannello astenuto e Gaetano Gennaro e Claudio Cardile invece favorevoli. Ma anche il centrodestra non è combinato meglio: a Giuseppe Santalco (e Nora Scuderi) uno dei più strenui sostenitori della bocciatura, si è contrapposto sia Pippo Trischitta, che alla fine ha votato si più per “contrapposizione interna” che per convinzione, ma anche Benedetto Vaccarino e Francesco Pagano, genovesiani della prima ora contro un genovesiano dell’ultima. Sulla riva del fiume, ad aspettare gli sviluppi del braccio di ferro interno, c’è Emilia Barrile, ormai corrente a sè nella coalizione. Assenti, ma non è una novità, i Centristi, ormai irrilevanti e come sempre indecisi su cosa vogliono fare da grandi.

 

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