La storia della ricostruzione di Messina è nota. È la città con le strade più larghe della Sicilia e con più baracche d’Europa. Una specie di maledizione dantesca lunga più di un secolo. A nord le ville e a Sud le baracche. A nord il panorama e a sud la zona industriale. Al centro cemento al posto delle pietre. La traduzione sociale di questa ricostruzione futuristica suona più o meno così: la zona nord è per pochissimi, il centro per pochi, la zona Sud (e Giostra) per tutti altri, per quelli senza Mastercard.
Se il terremoto del 1908 ha quasi azzerato la Messina scenografica della Palazzata, a trasformarla in una distopia di modernità è stato un mix di visioni politiche, interessi economici e scelte urbanistiche sbagliate. Una ricostruzione dai pesantissimi prezzi sociali con il problema mai risolto delle baracche che si trasformerà nel motore dell’orrore. Per risolvere quell’intollerabile emergenza abitativa si è creato un danno urbanistico ancora più grosso, costruendo pessima edilizia popolare senza servizi in quelle zone che oggi chiamiamo quartieri.
La questione è abbastanza nota ma pochi sono riusciti a opporsi. Soprattutto nei quartieri. C’è stato però un signore a Maregrosso che ha provato a capovolgere questo destino trasformando proprio la sua baracca in una specie di grottesca Disney dialettale. Quel cemento che ha soffocato la città, nelle mani del Cavaliere Giovanni Cammarata è diventato un’argilla magica in grado di popolare il deserto postindustriale di Maregrosso in un fantastico bestiario e in un meraviglioso atlante pop. La casa delle meraviglie di Cammarata è stata questo e molto di più. Una baracca, un monumento autocostruito, un’operazione radicale di land art, un dono, una guerra agita con l’arte contro potentati economici e contro una città incapace di vedere la bellezza di Maregrosso, stretta tra lo stretto di Messina e il Gran Camposanto.
Comunque la si voglia vedere quella casa rappresenta un urlo. Una macchia di colore nel centro del cratere creato dall’allunaggio di un futuro arrogante e ottimista. Dopo la morte di Cammarata viene quasi tutto distrutto. Del parco urbano costruito da un uomo solo rimane soltanto la porzione edificata su quello che paradossalmente possiamo definire il più bel marciapiede di Messina. Ma non è poco quello che è rimasto. La facciata è intatta. Ci sono i paladini, i mostri preistorici, le madonne nere, il campionario di teste, i cristi stilizzati, le decorazioni, i mosaici, la bocca della verità. Il cortiletto interno conserva sia l’originaria potenza cromatica che il grande mosaico a piena parete della Madonna della Birra Messina (il nome è da attribuire allo storico dell’arte Mosé Previti, membro di Zonacammarata). Sul lungo muro di cinta che divide la strada dal posteggio del supermercato si può ammirare l’intatta sequenza di Napoleone e i mulini a vento, Don Quijote, il combattimento tra Achille ed Ettore e scene tribali di fertilità che sovrastano un giardino di cemento con elefanti, un enorme coccodrillo e una tartaruga preistorica.
Ma quello che rimane è soprattutto l’urlo reificato del Cavaliere. L’urlo di un uomo solo convinto che l’arte può trasformare il mondo, o almeno Messina, o almeno Maregrosso. Anche se l’arte di Cammarata andrebbe inscritta nel vasto mondo dell’outsider art, o all’interno delle implicazioni antropologiche e sociali dei “costruttori di Babele”, il Cavaliere trasformando via Maregrosso in Via delle Belle Arti si propone anche come il primo paradossale street art cittadino anche se i suoi murales sono stati tutti cancellati. L’associazione Lalleru, che ha incorporato il gruppo di ricerca\azione Zonacammarata, ha deciso di fare ascoltare l’urlo del Cavaliere a una nuova generazione di artisti e continuare la sua opera visionaria. Oggi Via Maregrosso, di nuovo Via delle Belle Arti, è un piccolo museo a cielo aperto con balene, feluche, elefanti e pesci abissali realizzati grazie al prezioso contributo economico del dipartimento Cospecs. Ogni anno Zonacammarata\Lalleru presenta alla città un paio di Opere.
Giovedì primo giugno verranno presentati gli ultimi due lavori. Un’incorporazione della “felucona” del collettivo fx a cura dell’artista Giuseppe Raffaele e un eccezionale ritrovamento di un Murales di Giovanni Cammarata sepolto da un intonaco bianco. Il restauro dell’artista RE è prezioso per almeno due motivi. Ci fa capire la portata visionaria di Cammarata e restituisce archeologicamente alla città quello che a ben vedere è il murales più antico di Messina. In una fase storica caratterizzata da una grande diffusione della street art, il murales rappresenta una genealogia cittadina che riporta l’arte di strada alle sue origini: il quartiere.
Prima della presentazione delle opere (con la possibilità di una visita alla casa) la giornata prevede un incontro sull’Urban art.
Ospitati dal Retronouveau (h 17,30), Pier Paolo Zampieri introduce Luisa Tuttolomondo, che presenta la prima mappa sulla street art siciliana (Flaccovio editore) e Luisa Del Giudice ci parla di Sam Rodia, il fratello californiano di Cammarata, creatore a Watts dell’opera Outsider più celebre al mondo. Massimo Cammarata invece racconta cosa c’è “dietro il blu dipinto da blu” in Via Alessio Valore: la storia del Teatro Pinelli Occupato. L’Urban art non è solo decoro urbano è anche una memoria sociale viva in grado di rappresentare quei conflitti che quasi sempre l’hanno generata.
Programma, 1 Giugno 2017, ore 17,30
Parole:
17, 30 (Retronouveau) Incorporazioni. Urban Art, conflitti, patrimoni, introduce Pier Paolo Zampieri (sociologo)
Luisa Tuttolomondo (sociologo): presentazione del volume Street art in Sicilia, Dario Flaccovio Editore, 2017
Luisa del Giudice (ricercatrice indipendente Los Angeles): Sam Rodia e le torri di Watts. Arte Migrazione resistenza
Massimo Cammarata (psicologo e militante del Pinelli) dietro il blu dipinto da blu
Azioni:
19, 00 Mosè Previti (storico dell’arte): Inaugurazione nuove opere in Via Belle Arti (Collettivo fx, Re, Giuseppe Raffaele)
19,30 Visita casa del Cavaliere Cammarata