Se fossi Crocetta domattina mi doterei di un interprete cinese (tipo questo, primo risultato su Google), chiamerei l’Ambasciata cinese in Italia (tel: 06-96524200) e, dopo aver superato il centralino, pronuncerei le seguenti parole: «Buongiorno, sono il Governatore della Regione Sicilia, vorrei cortesemente parlare con l’ambasciatore a proposito del progetto Belt and Road».

 

 

Questo perché – come spiega, tra gli altri, il numero in edicola della rivista «Limes» – da qualche tempo il Segretario del Partito Comunista Cinese ha deciso di puntare tutto (in termini sia economici che politici) sulla costruzione di una faraonica rete commerciale detta appunto “Belt & Road” o “Nuova via della Seta” – fatta di strade, ferrovie e soprattutto di una rotta marittima – che unisca la Cina orientale all’Europa occidentale, passando per decine di territori tra cui, per qualche inspiegabile ragione, manca la Sicilia.

Eppure la Sicilia, ve lo potrei giurare, si trova nel mezzo del Mediterraneo, il che ne fa in assoluto l’approdo europeo più logico per la nuova via del mare cinese.

Dice: ma che ci importa? Ché siamo cinesi noi?

Grazie per la domanda.

Come dettaglia bene «Limes» con numeri e dati, per finanziare la Nuova via della Seta i cinesi stanno progettando investimenti a vario titolo per miliardi di euro in tutti gli Stati coinvolti. Stanno finanziando infrastrutture di ogni genere per preparare il terreno. Hanno persino costituito una banca apposita, chiamata Banca Asiatica d’Investimento per le Infrastrutture.

Questo vale per tutti i paesi sulla rotta, dalle Filippine alla Tailandia, dal Vietnam al Pakistan (che non sono nemmeno amici della Cina), dall’Afghanistan al Tajikistan, all’Arabia Saudita, alla Turchia, fino alla Russia, alla Repubblica Ceca, all’Albania, alla Croazia e a un altro mazzo di Stati elencati da abbondanti fonti tipo questa, ma non per la Sicilia e il resto d’Italia, che pure dominano geograficamente il Mediterraneo.

Pare che la Sicilia abbia la rogna e i cinesi non ci si avvicinano nemmeno. Ora come ora, preferiscono passare per la Grecia.

Fortuna vuole che il progetto sia ancora in fieri, o meglio «open to engagement with all countries, and international and regional organisations».

Insomma, potrei sbagliarmi e di sicuro sto semplificando, anzi diciamo pure volgarizzando il tema, e spero che mi perdonerete, ma – da quello che ho capito, se ho ben capito – gli imprenditori di Stato cinesi sono alla porta con i soldi in bocca e uno standing forse un pelino più credibile dei milionari indiani.

Certo, qualcuno potrebbe dire che la Sicilia non ha voce in tema di politica estera, che non può instaurare rapporti diretti con la Cina e che a questo dovrebbe pensarci il governo nazionale, di concerto con l’Europa.

Ma, a parte che non è proprio vero, perché la Sicilia può sfruttare l’ampia proiezione estera garantitagli dalla Costituzione e dall’Autonomia regionale (link per approfondimenti), se anche qualche autolesionista dovesse sollevare un problema del genere, chi potrebbe lamentarsi se Crocetta prendesse contatto – se non con la Cina direttamente – quantomeno con la già menzionata Banca Asiatica d’Investimento per le Infrastrutture, il cui nome è auto-esplicativo e il cui numero di telefono è +86 10 8358 0000.

«Buongiorno Direttore, sono il Governatore della Regione Sicilia. Noi siamo disponibilissimi a ospitare un approdo della nuova Via della Seta, come già avveniva per la vecchia Via della Seta, solo che vi serviranno prima alcune infrastrutture di supporto. Poca roba, eh! Giusto la ferrovia ad alta velocità, un paio di interventi di risanamento idrogeologico, l’Aeroporto del Mela, l’acquedotto nuovo e poi ci siamo. Nel caso paghereste tutto voi?».

Qualcun altro potrebbe dire che il progetto non è chiaro e che, se anche passasse per la Sicilia, non è detto che possa portare più vantaggi che problemi. Insomma, qualcuno potrebbe definirlo una chimera. E ok, può darsi che lo sia. Ma almeno parliamone, capiamo un attimo. Una telefonata e un traduttore quanto vuoi che costino?

Anzi, sai che ti dico, Rosario? Te la pago io la bolletta. Ma tu, intanto, telefonàcci.

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