MESSINA. “Un bel gioco dura poco”, recita un vecchio adagio che non è mai piaciuto a nessuno ma che il più delle volte si dimostra tristemente profetico. Non è il caso del Retronouveau di via Croce Rossa, il tempio messinese della musica dal vivo che sabato 11 festeggerà il suo quinto compleanno con i dj set di Vita, Marco Cavallaro e Davide Patania. Era il febbraio del 2012 quando quattro amici e soci diedero vita a un progetto tanto ambizioso quanto rischioso, in una città in cui la maggior parte dei locali chiude o cambia gestione dopo appena qualche mese e che di musica live fino a quel momento ne aveva ascoltata ben poca. In tanti, all’epoca, non ci avrebbero scommesso una lira, su quel progetto, pensando magari alle sorti del Galveston e del 5Quarti, che del Retronouveau condividevano le stesse mura e le stesse ambizioni. Ma forse non la stessa caparbietà. Nino Cucinotta, Davide de Domenico, Davide Patania e Christian Cannavò, i soci fondatori del locale, ci hanno creduto invece fin dall’inizio. Perché quando un’idea è valida e il sogno che la sostiene è troppo intenso per tenerlo chiuso in un cassetto, non c’è provincialismo cittadino che tenga né ostacoli di sorta che possano distoglierti dal tuo intento.
I PRIMI PASSI. «L’iniziativa – racconta Christian “Lestat” Cannavò, giornalista di Infomessina e membro del team dal 2011 – nasce in forma embrionale nel 2010 da un’intuizione di Davide Patania e Nino Cucinotta, che avevano già parecchie esperienze nel settore. Dopo aver valutato varie soluzioni, a metà 2011 abbiamo deciso di prendere in affitto i locali che fino a qualche tempo prima ospitavano il 5Quarti, con l’obiettivo di perpetuare una sorta di continuità concettuale nel segno della musica dal vivo. A settembre dello stesso anno abbiamo iniziato i lavori di ristrutturazione e a febbraio finalmente abbiamo aperto i battenti”. L’esordio è all’insegna della territorialità, con l’esibizione dei messinesi The Out Key Hole, seguita dal primo appuntamento di Rumble in the Jungle (serata dedicata all’hip pop e al reggae) e, qualche settimana dopo, dal concerto di un giovane cantautore barbuto che da lì a qualche anno sarebbe divenuto una delle voci più interessanti dell’intero panorama musicale italiano: Brunori Sas. «All’inizio è stata dura – prosegue Christian – sebbene in quegli anni a Messina si respirasse un clima diverso, grazie anche alle tante serate live organizzate allo Zero90, al Miura, all’Horcynus e allo stesso 5Quarti. La sera del concerto di Brunori però, dopo mesi e mesi di lavoro e tanti soldi spesi, abbiamo finalmente realizzato di avercela fatta”.
Ma quello non era che l’inizio. Perché nei mesi successivi è un susseguirsi di eventi culturali, reading, cabaret, mostre d’arte, presentazioni letterarie, spettacoli teatrali e soprattutto concerti. Tanti, tantissimi, e di una qualità e varietà come a Messina non se n’erano mai visti. Settimana dopo settimana, sul palco rimesso a nuovo del Retronouveau si susseguono giovani artisti e voci affermate, rapper e dj, band in rampa di lancio e cantanti di culto, che propongono di volta in volta rockabilly e blues, metal e dark, musica ambient e progressive, jazz ed elettronica: un’infinità di generi diversi accomunati però da un elemento su cui – quello no – i ragazzi del Retronouveau non intendono scendere a compromessi: la qualità. E poco importa se a volte fa rima con nicchia, poco conta se a qualche concerto c’erano solo pochi appassionati. Perché poi basta una serata di quelle che non ti scordi più, di quelle che la gente per entrare fa la fila per le scale e rimane a ballare fino a notte fonda che tutto riacquisisce di colpo il senso primigenio.
«Alcune delle soddisfazioni più belle – racconta Christian – ce le hanno regalate gli stessi artisti, che si sono complimentati per l’impianto e per l’atmosfera che si respira nel locale. “Al Nord – ci è stato detto – un locale così spaccherebbe”. E poi, fra i motivi di vanto, non potevano mancare di certo l’affetto del pubblico e i volti felici di centinaia di ragazzi e ragazze che per la prima volta, per assistere al concerto della loro band preferita o di quell’artista conosciuto su You Tube, non erano più costretti ad andare a Catania, a Roma, a Milano, o perfino a Berlino. Sì perché sul palco del Retronouveau non si sono esibiti solo gruppi locali o nazionali, ma band provenienti dalla Germania e dalla Turchia, dalla Danimarca e dall’Olanda, dalla Norvegia e dagli Stati Uniti. Persone – musicisti – che Messina non sapevano nemmeno dove stava sulla cartina geografica.
I PROSSIMI EVENTI. “Cinque anni era l’arco temporale minimo per cercare di dare una spallata decisiva al disagio ghettizzato che regnava in città, un’urgenza, la nostra, che era spinta dalla speranza di dar voce anche alle minoranze che avevano fame di qualcosa che li rappresentasse, un luogo sì accogliente (ma anche distaccato), dove un nuovo magma poteva nascere e plasmare, un confronto con luoghi e fatti analoghi che si svolgevano normalmente nelle altre città d’Italia», scrive Davide Patania in un commento su Facebook che è un po’ un ringraziamento al pubblico e un po’ uno sfogo per un 2016 segnato dalla crisi e da un ricambio generazionale che tarda ad arrivare. «L’ultimo anno è stato difficile per vari motivi», conferma Christian, che però guarda già al futuro anticipando i nomi delle prossime band che calcheranno il palco del locale, a partire da Motta (il 18 febbraio), i Pan del Diavolo, Pop X, Management del dolore post operatorio e gli Ork, un super gruppo composto da Pat Mastelotto dei King Crimson, Carmelo Pipitone dei Marta sui Tubi e Colin Edwin dei Porcupine Tree. E chissà se in futuro ci sarà finalmente l’occasione per soddisfare quel desiderio, ancora non esaudito, di portare in via Croce Rossa il loro sogno proibito: Giovanni Lindo Ferretti.
Quel che è certo, invece, è che nel giro di un lustro il Retronouveau è riuscito a compiere una piccola impresa: rendere “normale”, in una città che fa dell’omologazione e del conformismo i propri capisaldi, una cosa che ad altre latitudini è all’ordine del giorno. E poi, in fondo, in un contesto culturale ed economico dove tre quarti dei locali sono fatti con lo stampino, la città dello Stretto, senza il Retronouveau, sarebbe un luogo più povero e più triste. E molto, molto meno rock.
(foto di Francesco Algeri, Gianmarco Vetrano, Mauro Kuma, Retronouveau)