MESSINA. Lo scenario più plausibile, dopo la seconda seduta di fila in cui cade il numero legale prima del voto sulla decadenza di Donatella Sindoni, è che la mozione di sfiducia al sindaco Renato Accorinti e alla sua giunta possa non essere votata. Il consiglio comunale si arena, sulle sorti della collega decide di non decidere, fa chiudere la seduta e rimanda tutto alla prossima settimana, mettendo la polvere sotto il tappeto. E complicando enormemente le cose.
Perchè, davanti ad un esposto col quale Donatella Sindoni “mette in mora” i consiglieri, intimando loro di pronunciarsi “solo dopo il giudizio d’appello”, e riservandosi “ogni provvedimento utile ad impedire che venga approvata la decadenza, chiedendo indagini per eventuali abusi”, ad affrontare il voto a testa alta sono rimasti in pochi, nemmeno quelli necessari a garantire i sedici del numero legale.
Se Donatella Sindoni resta in consiglio, c’è la seria possibilità che le prossime sedute siano a forte rischio di ricorso al Tar, vista la composizione (forse) illegittima del consiglio stesso. Lo scenario, a questo punto, si intorbidisce: c’è la scadenza della mozione di sfiducia, da votare necessariamente entro il 18 febbraio, termine oltre il quale l’atto decade. La votazione con Donatella Sindoni tra i consiglieri, però, potrebbe inficiarne la legittimità, vista la sua situazione pendente (e l’appello che ha proposto, che interrompe gli effetti della sentenza di primo grado).
Di dimettersi, e di sollevare i colleghi dall’imbarazzo, la consigliera di Grande Sud non ne ha la benchè minima intenzione, ribadita anche oggi a gran voce, in virtù dell’appello presentato contro la sentenza del tribunale che l’ha dichiarata ineleggibile. E quindi prima del voto sulla sfiducia, sarebbe necessario dirimere la questione della sua permanenza. E a dirimerla dovrebbero essere gli stessi consiglieri che per due giorni hanno dimostrato, facendo mancare il numero legale, di non averne il coraggio.
Un loop temporale dal quale restano fuori tutte le altre scadenze, che però bussano alla porta. C’è da costituire la MessinaServizi Bene Comune, società che prenderebbe il posto di Messinambiente, possibilmente prima che, il 22 febbraio, il tribunale dichiari il fallimento di quest’ultima, ipotesi oggi più che probabile, e in occorrenza della quale la nuova società non potrebbe nascere. I dipendenti di Messinambiente, che nelle scorse settimane hanno assaltato palazzo Zanca, se ne sono stati stranamente quieti mentre in aula i consiglieri alla chietichella uscivano dall’aula facendo cadere il numero legale ed impedendo ai lavori di proseguire. Ma la rabbia cova sotto la cenere, pronta ad esplodere.
Il caos e l’intreccio di situazioni legate tra loro, però, potrebbero giocare a favore di qualcuno: per alcuni consiglieri, per esempio, anche e soprattutto tra quelli che la firma sulla mozione di sfiducia l’hanno apposta, permettendone l’avvio in aula. Da un mese, una mezza dozzina sono in cerca di una exit strategy, che consenta loro di non votare la sfiducia mantenendo una dignità politica. Il ritardo provocato dalla questione Sindoni potrebbe fornire un alibi, mettendo tutti d’accordo.
Impasse con la I
grazie, corretto