La commissione tributaria siciliana ha respinto il ricorso di Francantonio Genovese, deputato transitato dal Pd a Forza Italia che dovrà versare al fisco le tasse per 16 milioni di euro che avrebbe detenuto in Svizzera attraverso polizze assicurative.

Genovese è al centro dell’inchiesta della procura per la formazione professionale scaturita dall’operazione “Corsi d’oro 2”. La sentenza per questo processo è attesa per lunedì prossimo. Intanto arriva questa decisione da parte della Commissione tributaria siciliana. Dopo un lungo iter iniziato nel 2014 con un accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate, la Commissione tributaria siciliana ha respinto il suo ricorso. Nel 2015, dopo aver tentato, invano, la via dell’adesione, respinta dell’Agenzia, Genovese aveva fatto ricorso in primo grado alla Commissione tributaria provinciale di Messina, sostenendo l’erronea inclusione in redditi diversi delle somme e una loro “preesistenza” nel 2004, ottenendo però solo una rideterminazione del reddito sottratto a tassazione in 12,8 milioni (invece che 16,3). Nel 2016, il deputato siciliano aveva impugnato anche la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Messina arrivando, dopo vari passaggi, alla Commissione Tributaria Regionale.

L’ultima sentenza ha quindi ribaltato quella di primo grado, ma in senso sfavorevole a Genovese, in base al principio sancito per legge che “le persone fisiche residenti in Italia che al termine del periodo d’imposta detengono investimenti all’estero, ovvero attività estere di natura finanziaria, attraverso cui possono essere conseguiti redditi di fonte estera imponibili in Italia, devono indicarli nella dichiarazione dei redditi”. L’appello è stato quindi rigettato e – a parte una rideterminazione delle sanzioni – viene confermata la validità dell’atto impugnato e l’importo da pagare. 

«Sui fondi esteri detenuti da Genovese – scrive l’avvocato Nino Favazzo, legale di Genovese – si è pronunciata nei giorni scorsi anche la Commissione Tributaria Regionale – Sezione di Messina – che, quale giudice di seconda istanza, ha confermato la decisione di primo grado. In sintesi, i Giudici tributari (Presidente Santa Micali, a latere Emanuele Crescenti ed Angelo Giorgianni) hanno disatteso i motivi di appello, confermando la fondatezza dell’atto di accertamento emesso dalla Agenzia delle Entrate di Messina il 23.12.2014, con il quale si era recuperato a tassazione, quale reddito prodotto nell’anno 2005, l’intero ammontare dei fondi detenuti dal contribuente in paese estero. A tale illogica e non condivisibile decisione si è pervenuti nonostante sia pacifico e da nessuno contestato che la detenzione dei fondi esteri fosse risalente ad epoca antecedente al 31.12.2004. La difesa – forte della fondatezza e la stringenza delle proprie argomentazioni – sta già predisponendo un corposo ed articolato ricorso per cassazione, sul cui accoglimento non nutre alcun dubbio».

 

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