L’attacco è di quelli a tenaglia: da un lato Emilia Barrile, presidente del consiglio comunale, che rompe gli indugi, esce dal ruolo di terzietà imposto dalla carica e verga la mozione di sfiducia nei confronti dell’amministrazione guidata, da giugno 2013, dal sindaco Renato Accorinti, firmata prima di lei da altri dodici colleghi (di firme ne servono 16 perché la mozione arrivi in aula).
Dall’altra c’è Ernesto Carbone, commissario di un Pd decimato dalla diaspora di un anno fa, che rivendica la “discesa in campo della politica con la P maiuscola”, e bellicosamente annuncia che “il partito democratico è pronto a votare la sfiducia assieme a chi responsabilmente sarà pronto a scrivere assieme a noi una mozione che metterà finalmente la parola fine alla peggior esperienza amministrativa che questa città possa ricordare”, nonostante dell’invincibile armata democratica da tredici consiglieri che nel 2013 monopolizzava i banchi del consiglio comunale, dopo il commissariamento del partito da parte dello stesso Carbone (e le
disavventure giudiziarie del maggiorente Francantonio Genovese, transitato coi suoi fedelissimi a Forza Italia) non restino che sette consiglieri: quattro sotto le insegne dei democratici, tre in quelle più sfumate dei Progressisti Democratici.
Che consiglio è quello che vuole sfiduciare Accorinti? Un consiglio dai numeri non lusinghieri. Perché sia come produttività che come iniziativa, soccombe nei confronti del precedente consiglio. In tre anni, dal 2010 al 2012, il precedente consiglio ha approvato 319 delibere, mentre nello stesso intervallo di tempo, quello attuale ne ha votate duecento. Un dato, questo, che tira in ballo anche la giunta, e che in parte “scagiona” i quaranta consiglieri. Perché è vero che si produce meno, ma uno dei motivi è che, dall’amministrazione, in aula arrivano meno delibere di qualche anno fa.
[infogram id=”24d53b66-364d-49c8-b1d5-d6e0dbb79c48″]
Indicativo, però, è il dato che emerge se si tiene conto solo delle delibere di iniziativa consiliare: quelle, cioè, proposte, istruite e portate in aula ad opera dei consiglieri stessi. Che sono poche, e di contenuto spesso non esattamente “di peso”. Nel 2014, primo anno solare “pieno”, due sono state integrazioni al piano di riequilibrio pluriennale (proposto quindi dalla giunta), due sono stati atti di indirizzo (verso la giunta) riguardanti la messa in sicurezza della circonvallazione, un altro atto d’indirizzo, proposto dalla presidenza del consiglio comunale, “dava forza” alle iniziative contro la chiusura del Tar di Catania (sul quale il Comune non ha alcuna giurisdizione), due altri atti d’indirizzo riguardavano una delibera della Corte dei conti sul controllo finanziario degli enti locali, e una sollecitazione la giunta alla definizione del piano industriale della Stu (che ad oggi non esiste), due integrazioni al regolamento per indennità di funzione e missioni e funzionamento delle commissioni consiliari, l’ennesimo atto di indirizzo, stavolta sull’isola pedonale di viale san Martino, e infine, su proposta di Antonella Russo, un meritevole piano d’intervento per il rilancio della differenziata. In tutto questo, il consiglio bocciava la proposta di Piero Adamo di istituire una commissione d’inchiesta sulla scandalosa filiera dei rifiuti in città.
Nel 2015 al voto andava tre atti d’indirizzo (su castel Gonzaga, sulla regolamentazione delle attività notturne dei lidi sulla litoranea e sulla valorizzazione della galleria Vittorio Emanuele), due approvazioni di subemendamenti, una proposta d’intitolazione d’aula (a Graziella Campagna, giovanissima vittima di mafia), una modifica al regolamento comunale sull’occupazione suolo, una su “prevenzione dellacorruzione nella pubblica amministrazione”, una perentoria “richiesta di relazione dettagliata sullo stato finanziario e le misure da adottare”, non meglio specificati emendamenti, e l’approvazione del piano di riequilibrio proposto dalla giunta. In mezzo a questo, l’attestazione di “costituzione di famiglia anagrafica basata su legami affettivi” proposta da Daniela Faranda, Nicola Crisafi e Nicola Cucinotta. Poi di nuovo routine: attuazione di una delibera della Corte dei conti, e un’adesione alla manifestazione dell’Anci conto “la gravissima situazione economico-finanziaria dei comuni siciliani”.
Si arriva al 2016, e non cambia moltissimo: proposta di “attivazione della procedura di controllo dei servizi ispettivi di finanza pubblica sugli enti locali”, atto di indirizzo sul ripristino di una postazione118 a Castanea, regolamento dei servizi sociali con relativi emendamenti, le meritevoli proposta di istituire il garante per le persone “private della libertà” e della “carta d’identità per la donazione degli organi”, un’indicazione all’amministrazione sui mercatini biologici, il regolamento per la disciplina delle forme di partecipazione popolare (con due emendamenti), un altro controllo sulla finanza locale, poi rimodulazione delle commissioni e presa d’atto della sospensione dalla carica consiliare di Paolo David, un conferimento di cittadinanza onoraria e poco altro riguardante lo statuto del consiglio.
In tutto sono 46 delibere. In tre anni.
più grinta.