Da un po’ di tempo brutti ceppi d’alberi punteggiano come cippi funerari la città di Messina, alcuni sono caduti schiantando al suolo dopo anni d’incuria, molti altri sono stati decapitati preventivamente dopo una ricognizione specialistica con verifiche di stabilità. Il paesaggio urbano per sua caratteristica specifica è strano: assorbe pezzetti di natura, alberi, rami, tronchi, chiome e lo fa in tempi lunghi, a volte tutta la nostra vita non basta a vedere crescere un albero grande e significativo dentro la città, e così, come fosse un nostro parente o un nostro amichevole vicino di casa lentamente ci affezioniamo, lo salutiamo, lo guardiamo, qualcuno di noi pure ci parla.

Poi a volte arriva un terremoto, una guerra o un bombardamento, altre volte arriva il punteruolo rosso, poi il parassita caio o sempronio, poi lo smog, la tempesta, poi arriva il profitto della legna, poi arriva la peste, il rischio, la paura e così infine arriva roberspierre: è giù cascano teste d’albero una dopo l’altra. Per caso o per satira politica l’appalto di verifica se lo è aggiudicato una società che si chiama dream, ma quando ci svegliamo e andiamo nelle strade l’effetto e la cura ci sembrano un incubo.

Le città storicamente hanno un aperto conflitto con la natura, si costruiscono per organizzare la vita umana e le relazioni in un’altra natura tutta costruita e d’artificio. Dai racconti di famosi quadri della storia dell’arte italiana, le città quando sono fortunate si aprono su viste e vedute sorprendenti riassorbendo il paesaggio e incamerandone in maniera mirata alcune porzioni della natura.

Messina nata nuova dopo il terremoto e pianificata come una dimostrazione delle teorie della forma, delle tecniche e della scienza urbanistica e dell’igiene, porta avanti il tentativo di riassorbire le forme storiche del paesaggio e i singoli elementi puntuali della natura.

Un piano del novecento con un forte debito all’ottocento definisce le coordinate d’intervento per le piantumazioni arboree diffuse che dal 1910 al 1943, e poi di quelle del dopoguerra, punteggiando con filari e con altezze diverse le croci delle strade dure e ortogonali .

La chanson de Robespierre: il giardino dei torti botanici

Una trama ortogonale di strade convive con rami, fusti, intrecci, infiorescenze, tipi di foglie verdi o caduche con sorprendenti tensioni e torsioni tra natura vegetale e ornato architettonico dei palazzi, e poi uno sfondamento percettivo della geometria attraverso gli odori. Un piano di case e di alberi un piano botanico nelle strade e nei cortili, un piano in cui le piante sono anche la prova di tanti errori e tanti odori e un tentativo di scegliere i giusti aggettivi da apporre al testo costruito: quella Messina città giardino raccontata da Nitto Scaglione nel 1933 come “…le aiuole con le giovani querce, il viale Principe Amedeo ombrato di platani e ornato di palme (…) la Strada Cavour tutta sorridente di fioriti oleandri, le vie Argentieri, Università olezzanti di tigli, la Cannizzaro animata di alti pioppi, il viale San Martino tutto ombrato di annosi platani, la via S. Marta, Nicola Fabrizi, Risorgimento, Aurelio Saffi, ornate di acacie e mimose“ poi a monte a costruire il margine cittadino verso le colline i pini distanziati dal costruito dai vincoli di aree di giardinaggio, poi arrivarono gli alberi di giuda, i pittosfori e le jacarande, poi piazzette e slarghi presidiate da slanciate palme o primordiali e pacifici ficus .

La città giardino, dopo più di cento anni convive con i suoi alberi morti o ammazzati, decapitati e non ancora sostituiti. Alcuni cittadini si recano sulle spoglie arboree e innestano fiori che non marciscono o raccapriccianti composizioni ikebana o ancora poggiano vasi sui cippi. Il paesaggio della città giardino degli alberi morti lasciato da robespierre è infisso di altre presenze che riempiono strade e marciapiedi costringendo a strane traiettorie pedonali, pali di fermate di bus inesistenti, pali stradali, paletti muti, molti dei quali pendono inclinati pericolosamente e sono a rischio schianto; ti prego robespierre, fermati con gli alberi e comincia a decapitare i pali inutili.

 

Dal Blog corpodellecose: https://corpodellecose.wordpress.com

 

 

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Claudio Marino
Claudio Marino
16 Gennaio 2017 16:41

Bellissima riflessione sul disastro botanico che ha aggiunto dolore al dolore di questa città. Quale orrore suscitano quelle palme dalle teste mozzate o quei monconi di platani acacie robinie lecci, tutte bellissime piante che un tempo ornavano la nostra bella città , che giorno dopo giorno vede il suo passato distruggersi e scomparire. Forse non è vero che il passato è immutabile.